Intervista a   MATTEO PIANEZZI  di Fulvio Spagnoli

www.ilcorto.it - Matteo Pianezzi, attore cinematografico

Fulvio: Matteo inizialmente è un po’ emozionato e…non capisco perché: non sono il mitico Mollica, e neanche il bravissimo Antonello Sarno. Comunque i suoi occhi trasmettono una grande carica interiore, una grande voglia di essere messo alla prova; …ma non come sfida, come manifestazione di se stesso.


Matteo: Far cinema? …e perché no? Credo che sia proprio la macchina dei sogni: entra nelle case di tutti, ed arriva alle persone in modo molto più diretto del teatro. È un lavoro affascinante: devi saper ricreare uno stato d’animo enne volte perchè ci sono enne ciack per più inquadrature diverse. Questo stato d’animo può essere anche una cosa terrificante, come ad esempio un dolore estremo:  devi saperlo mantenere costante. Anche dar ogni volta vita ad un personaggio diverso, è un lavoro molto intenso, di interiorità.

 

Ora si è sciolto: è più disteso; ma la sua capacità di narrazione è sempre potente.

 

Tutto è cominciato quando frequentavo le medie: gli insegnanti ci hanno portato in teatro a vedere “una cosa”; pensavo tra me: “…potevo essere a casa a giocare a pallone con gli amici”.
…senza la minima finzione …ma, analizzando il contenuto, mi sto chiedendo in quale fiaba andrebbe collocarla la nostra Chiara…

 

Ho visto poi entrare in scena un uomo con un naso grande: e, li per li, ho continuato a dire “che rottura di scatole! …poi, invece, ho cominciato a seguire e ne sono rimasto travolto; alla fine dello spettacolo mi son detto: “voglio provare a farlo anch’io … vediamo se mi riesce”.

Si trattava del Ciranò di Bergerac; e, naturalmente, soltanto “dopo” ho scoperto l’importanza di questo testo.

 

La tazza del suo cappuccino, pur su un piccolo tavolino di un bar della stazione Termini, è ormai abbandonato al tuo destino: ricevo da lui il dirompente sogno di un ragazzo di ventiquattro anni, che dalla sua realtà toscana è venuto ad affrontare Roma.

 

Il cinema. Fondamentalmente, è una finzione; nonostante la professionalità dell’attore nel fare di quella del personaggio una vita sua, dunque sentita al 100%, nonostante tutto l’amore di questo mondo che lui profonderà, il distacco che c’è tra lo spettatore e la pellicola non potrà mai essere colmato.

 

Ora il suo sguardo interiore è lontano da noi

 

Ma funzione del cinema, per me, non è soltanto quella di trasportarti e coinvolgerti in una storia soltanto per un paio d’ore: deve lasciarti anche un qualcosa dentro, farti pensare oltre. E quel pensiero che ti lascia deve essere importante anche oltre la sala, forse soltanto per mezz’ora, fosse vero per un giorno,  magari ...per tutta la vita.

 

Un sospiro ed i suoi occhi ritornano ad incrociarsi con i miei

 

L’attore? ...è uno strumento da utilizzare in funzione della magia di una storia; e come tale, ogni volta, deve sapere essere diverso, deve saper cambiare; ossia, l’attore deve essere argilla; deve sapersi plasmare e modularsi alla sceneggiatura, secondo l’espressività richiesta dal regista.

 

Mi offre un caramella (di quelle per la voce) e con un po’ di malinconia prosegue…

 

Il cinema americano è quello che sembra svolgere il lavoro più concreto dal punto di vista “attoriale” ...sembra che siano due spanne più avanti degli altri. Forse hanno più mezzi; sicuramente una diversa concezione di vivere il cinema. Pertanto, attori come punti di riferimento li individuo indubbiamente tra loro. Studio i “mostri sacri” che, indubbiamente, riescono a trasmettermi tanto; ma, come giovane, cerco punti di riferimento in “giovani attori”. Anche i belli di Hollywood, che secondo me oltre ad essere belli sono anche molto bravi, come Brad Pitt, Johnny Depp, affrontano sempre personaggi abbastanza complessi ed interessanti.

Italiani? … mi piace molto Kim Ross Stuart, non solo come attore, ma anche come regista

 

Le sue mani ritornano ora sulla tazza del cappuccino, per avvicinarla alle sue labbra

 

Come italiano sono rammaricato: pur essendo noi la patria di tutto quello che può essere il bel pensiero, l’arte, la narrativa in se per se, non riusciamo più a fare “un bel cinema”. Non so a che cosa imputarlo. Le “scuole di attori”? …non lo so!  …personalmente sono convinto che nel mestiere dell’attore … si, si può apprendere un metodo, ma “attori bravi e talentuosi” si nasce ...mentre con tanto studio ed applicazione si può diventare “attori capaci”. Credo, comunque nella dedizione al lavoro.

 

Si sistema il cappellino da marines indossato, anche se non era fuori posto

 

L’Attore è, comunque, un operaio: anche se lavora su se stesso sul sentimento, alla fine, però, lavora anche sul corpo: “lavora” su una camminata, su una postura, su un timbro vocale. E deve lavorare tanto. Bisogna essere testardi, pignoli: da Claudia Giannotti, un’anziana insegnante di teatro, ho appreso il profondo significato di essere sempre “più pignolo”.

 

E qui il nostro Matteo si rifà sognatore: i suoi occhi guardano alto

 

Per me un regista deve essere un visionario o, più esattamente, il “concretizzatore” di una sua idea.

In Italia ci sono dei bravi registi che sono però trattenuti da “mercato”, o meglio da quello che il mercato vuole che gli si sforni. E per tale motivo è “incastrato”. Da questo punto di vista “W il corto!”.

 

Il brano successivo è preceduto da un tenero sorriso, che mi ha fatto tenerezza, pur non sapendo ancora il perché.

 

La prima volta che ho lavorato in una fiction, ero armato soltanto del mio trolley piccolino: per arrivare sul set mi sono venuti a prendere, mi hanno accompagnato nel “mio camerino”; dentro vi ho trovato una televisione tutta per me, la “mia” doccia, il letto; ero esterrefatto ed ho subito chiamato mia mamma: “Mamma: ho il camerino con fuori il mio nome”. E lei si è emozionata al telefono forse più di me. …un emozione non prevista; questa volta non da recitare ma da vivere: “che bello”.

 

Mi sto riprendendo dalla semplicità con cui ci ha fatto partecipi di questo suo spicchio di vita e…

 

Una cosa diciamo “poco simpatica” mi è accaduta durante la registrazione di un cortometraggio. Stavo recitando in una scena abbastanza impegnativa. Ero in una sorta di sogno e vedevo mio nonno che era venuto a mancarmi da poco: mi appariva ma non mi rispondeva; era una situazione un po’ stralunata dove io piangevo e mi disperavo. Durante questo mio pianto disperato, in cui invocavo il nome di mio nonno, ad un tecnico del suono è squillato un cellulare: io mi sono sentito davvero…non lo so…evito di dire parolacce.

 

…un mondo profondo da cui aspettarci il suo meglio.